I “risvegli” di Pinter

I “risvegli” di Pinter

“Qualcosa sta succedendo”. Si, Deborah si sta svegliando, anzi risvegliando… da un sonno lungo trent’anni.

Si apre così “Una specie di Alaska”, l’opera struggente e a tratti paradossalmente comica che Harold Pinter compose nel 1982 ispirandosi, per sua stessa ammissione, alla raccolta “Risvegli”, il libro del neuropsichiatra di fama mondiale e scrittore inglese Oliver Sacks da cui fu tratto anche l’omonimo e più celebre film con Robert De Niro e  Robin Williams.

Pinter rimase particolarmente colpito dalle vicende raccontate da Sacks, storie vere di donne e uomini colpiti da encefalite letargica (malattia del sonno), una grave epidemia che tra il 1917 e il 1927 invase il mondo colpendo quasi cinque milioni di persone.

Pochi sopravvissero, in una sorta di torpore perpetuo, sino al 1969 quando un farmaco sviluppato per il Parkinson permise di risvegliarli. Sacks somministrò quel farmaco a più di duecento malati del Mount Carmel Hospital di New York: alcuni tornarono a nuova vita, altri dopo essersi svegliati ripiombarono nel loro letargo.

Ma torniamo all’opera di Pinter. Deborah, la protagonista, si risveglia. E’ convinta che a breve sarà il suo compleanno. Non sa ancora che non ci sarà nessuna festa, non sa che la ragazzina di allora ha lasciato il posto a una donna di quarantacinque anni.

Judi Dench, Una specie di Alaska, 1982

Al suo fianco la sorella Pauline e Hornby, il medico – e anche cognato – che ha seguito il suo lungo percorso e ora prova a traghettarla verso la realtà, a frantumare quell’orizzonte di ghiacci desolati che ha accompagnato Deborah per tanti anni: “… La tua mente non è stata danneggiata. Era rimasta solo sospesa, aveva preso temporanea dimora in… in una specie di Alaska”.

“Non mi è accaduto niente. Non sono stata in nessun posto”: Deborah è proiettata in un oggi sconosciuto e disorientante, la sua mente è confusa, sospesa tra ricordi adolescenziali e immagini che ha visto o forse sognato in quei lunghi anni trascorsi addormentata. Forse è solo rimasta intrappolata, come lei stessa dice, in spazi limitatissimi, punitivi. Come ballare con qualcuno che ti balla su un piede in continuazione, sempre sullo stesso punto…

E poi si accorge di Pauline, dubita della sua identità ma poi riconosce in quella donna adulta la sorella. Il risveglio si fa brusco, Deborah si rende conto che tutto è trascorso, tutto è già successo. Non sognava allora, non sogna adesso. Si domanda che aspetto ha da vecchia. Non le importa, non ha alcuna intenzione di guardarsi allo specchio.

Adesso lo sa, il tempo è passato e non tornerà più.

Ma come lei stessa dice, sarà capace di poter dare la giusta proporzione a tutto quanto è successo.

Forse scegliendo l’onirico mondo di “una Bella Addormentata che non è riuscita a sopportare il proprio risveglio e che non sarà risvegliata mai più”, come affermò lo stesso Sacks.

Ph Google.com

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