Il “ritorno a casa” di Peter Stein

Il “ritorno a casa” di Peter Stein

“È forse il lavoro più cupo di Harold Pinter, che tratta dei profondi pericoli insiti nelle relazioni umane e soprattutto nel rapporto precario tra i sessi”

Così Peter Stein – l’indiscusso Maestro del teatro del secondo Novecento – a proposito di “Ritorno a casa”, l’opera che il premio Nobel britannico scrisse nel 1964.

Peter Stein si innamorò giovanissimo di “Ritorno a casa” e l’idea di lavorare su quella piece non l’abbandonò più da quando, nel 1965, assistette alla prima mondiale all’Aldwych Theatre di Londra messo in scena dalla Royal Shakespeare Company con la regia di Peter Hall.

Lo stesso anno, Stein contribuì – come assistente e drammaturgo – alla realizzazione della “prima” tedesca dell’opera che debuttò al prestigioso Kammerspiele di Monaco di Baviera.

Passano gli anni e dopo cinque decenni di incubazione, il sogno di Stein diventa realtà. E così quel testo tanto amato dal regista berlinese, che ai tempi suscitò un notevole scalpore, prende nuovamente vita mantenendo la stessa immutata forza drammaturgica.

Grazie alla coproduzione del Teatro Metastasio Stabile della Toscana e del Festival dei Due Mondi di Spoleto, “Ritorno a casa” debutta nel luglio 2013 con il cast di attori che diede vita all’impresa dei “Demoni”, la maratona dostoevskijana di dodici ore che il regista tedesco mise in scena tre anni prima: Paolo Graziosi, Alessandro Averone (regista, nel 2016, di un’altra piece di Harold Pinter – Landscape – prodotta da A World with a View e interpretata da Christine Reinhold e Derek Allen), Rosario Lisma, Elia Schilton, Andrea Nicolini a cui si aggiunse Arianna Scommegna.

La storia è apparentemente semplice.

La scena è un interno londinese anni Sessanta, un appartamento dove vive un anziano uomo (un violento macellaio in pensione) con il fratello e due figli.

Il ritorno a casa di Harold Pinter – Regia Peter Stein

A rompere la monotonia quotidianità di questo microcosmo familiare è l’arrivo di Teddy – il terzo figlio –  tornato dall’America a Londra dopo molto tempo per presentare la moglie Ruth.

L’ingresso di questa figura femminile, in un universo di uomini apparentemente misogini, farà esplodere perversioni da sempre represse, svelando così, come recitava la motivazione del premio Nobel consegnato ad Harold Pinter nel 2005, “il precipizio che sta sotto i discorsi di ogni giorno

Nelle note di regia, Peter Stein disse: “La giungla nella quale si combatte è, naturalmente, la famiglia. I comportamenti formali, più o meno stabili, si tramutano in aggressività fatale e tutte le ossessioni sessuali maschili in questa famiglia di serpenti si proiettano sull’unica donna presente. Nelle fantasie degli uomini, e nel loro comportamento, lei viene trasformata in puttana e non le rimane che la possibilità della vendetta, assumendo quel ruolo e soddisfacendo la loro bramosia più del previsto”.

E come sempre nei finali di Pinter tutto rimane aperto. La scena si chiude mostrando “la donna imponente, con gli uomini frignanti e anelanti ai suoi piedi e nessuno sulla scena e nell’uditorio saprà quello che può accadere”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *