E’ il 2004. Per Harold Pinter è l’ultimo viaggio in Italia. E’ venuto per assistere a “Vecchi Tempi” messo in scena da Roberto Andò al Piccolo Teatro di Milano. E in quei giorni di aprile, Harold rilascia un’intervista a “Il Giornale”. Eccone uno stralcio…
Alto, dritto, il sorriso generoso e gli occhi vigili che hanno osservato e osservano tanta parte di mondo per poi tradurlo in anima sulla scena e in poesia, scarna, essenziale, ermetica. I discorsi di quest’uomo solido, concreto, nato ad Hackney, sobborgo londinese dove la vita non scorreva troppo facile, sono brevi, efficaci, diretti. Come i suoi testi…
Su cosa si concentra quando pensa una delle sue creature?
“Sul silenzio. È nel silenzio che i personaggi acquistano consistenza, presenza. Nel non detto”.
Scriverà ancora? Sta preparando una nuova storia d’anime?
“Non voglio più scrivere commedie, ne ho scritte abbastanza e credo di non esserne più capace, ho intenzione di dedicarmi alla regia e preferisco comporre poesie. Vado molto poco anche al cinema, diventato violento come un incubo, almeno in Gran Bretagna. Preferisco tranquille passeggiate nel parco, a contatto con la natura, respirando forte”
Sceneggiatore storico di Joseph Losey, dice di ammirare molto Ken Loach, “ma – aggiunge – viaggiamo su binari diversi e le nostre strade non si sono incrociate”. Sui complicati rapporti umani, specie tra uomo e donna, Pinter sente di aver detto tutto quello che aveva da dire.
La politica è stata da sempre la sua “passione parallela”. In questo momento qual è il suo sguardo?
“Gandhi ha detto molti anni fa che un occhio per un occhio farà un mondo cieco, e adesso siamo di fronte al potere degli Stati Uniti che faranno sempre di più quello che vogliono e che, purtroppo, possono contare sull’appoggio dei governi che conosciamo. Ma quello di cui hanno bisogno gli Stati Uniti è una sfida, non un appoggio”.
Le prime rappresentazioni dei suoi testi furono bocciate e giudicate vuote e incomprensibili. Cosa è cambiato da allora? Qualcuno dice che il suo linguaggio ha anticipato i tempi.
“È possibile. Comunque non ho mai cambiato nulla dei testi, sono sempre quelli. I cambiamenti avvenivano solo durante le prove. Ma piuttosto che aggiungere si tagliava”.