La serra del potere

La serra del potere

Un ospite che passa a miglior vita e una nascita sospetta. Due belle scocciatura per Roote. E proprio il giorno di Natale.

Prendono avvio così le vicende di “La Serra”, una delle piece più inquietanti e crudeli – ma anche a tratti comica – che Harold Pinter scrisse quando aveva 28 anni.  “Scrissi ‘La serra’ nell’inverno del 1958. La misi da parte per poterci riflettere ancora e non tentai, in quegli anni, di farla rappresentare… Nel 1979 rilessi ‘La serra’ e decisi che valeva la pena di metterla in scena”. E fu cosi che “The Hothouse”, questo il titolo originale, è stata rappresentata per la prima volta all’Hampstead Theatre, a Londra, il 24 aprile 1980 con la regia dello stesso Pinter.

Dicevamo… due belle scocciature per Roote, l’inetto e arrogante direttore di una casa di riposo che si trova alle prese con due casi sospetti che infrangono l’equilibrio all’apparenza perfetto di quello che, in realtà, risulterà essere un ospedale psichiatrico. Gli ospiti, come li chiama Roote, sono pazienti segregati in celle chiuse dall’esterno che hanno perso la libertà e l’identità – il loro nome è stato sostituito da un numero a quattro cifre – la libertà – e vengono sottoposti, con feroce determinazione, a pratiche d’elettroshock e a ogni genere di abuso.

Roote ha un’amante, la spregiudicata Miss Cutts e ha un braccio destro, il pedante e ossequioso Gibbs, a cui chiede di venire a capo di questi due incresciosi avvenimenti e scoprire gli eventuali responsabili. Chi ha (presumibilmente) ucciso un ospite, chi ha reso gravida una paziente?

Partono le indagini. Ma è pur sempre Natale e nonostante la giornata sia cominciata malissimo, il direttore non può esimersi dal fare gli auguri a tutti. Va alla scrivania, si siede, accende il microfono: “Pazienti, personale medico, subalterni. Buon Natale e un felice e prospero anno nuovo a tutti quanti. E a nome di tutto il personale medico desidero augurare ai subalterni, buona fortuna per il prossimo anno e buon Natale. E a tutti i pazienti, uno per uno, vorrei inviare un augurio personale, esternando i più fervidi auspici per le feste e i più caldi auguri da parte del personale medico, dei subalterni e mia, senza dimenticare quelli del Ministero, che sono certo sarebbe lieto di associarsi a queste parole, augurandovi un felice e prospero anno nuovo”.

La mattina dopo il direttore Roote e l’intero personale medico vengono trovati morti. Tutti massacrati. Una vendetta dei pazienti.

Ma si sa Pinter ci ha abituato a ben altro. E il finale è inaspettato ma emblematico. Gibbs, il braccio destro del direttore, si è salvato. Non era in ufficio, a suo dire. E’ lui che ha istigato la cruenta rivolta dei pazienti. Ed è a lui che adesso spettano le redini del comando.

Tutto cambia per non cambiare… la sostanza del potere resta la stessa.

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