Arrivo in Piazza di Spagna fuori dalla Keats and Shelley House.
Luca, gentilissimo, ci accoglie e ci indica la strada: una piccola scala ed arriviamo in una stanza dove altre persone attendono.
Mi siedo a leggere l’introduzione che Julian Sands scrisse alla raccolta di poesie di Shelley and Keats*. Pochi minuti e saliamo al piano superiore, nella biblioteca, una stanza che appartiene ad un’altra epoca, con circa 26 sedie disposte sui lati. Alle spalle di ogni lato librerie antiche. Questo luogo è già memoria, è già poesia. Ti aspetti che accadano cose che lasciano traccia perché è impossibile rimanere estranei a quello che in questi luoghi è stato vissuto e scritto, o anche solo conservato. Impossibile sentir leggere una poesia di Keats o di Shelley mentre respiri la vita del tempo e non sentire che la poesia stessa, e la voce che la fa rivivere, è vita che attraversa il tempo.
Attendiamo in silenzio, le persiane chiuse, pochi i rumori dalla piazza, chiusa fuori dalle finestre.
Entra Julian Sands e prima arrivano i suoi occhi, con cui si connette a noi e ‘corregge lo spazio’ tra noi e lui, poi la sua voce: si sentono le prime parole di una poesia, tra le più uniche che abbia mai ascoltato, di Harold Pinter.
A una presenza come la sua bastano pochi istanti per non far sentire più alcun rumore dall’esterno, che forse c’era ancora là fuori, ma ora lì tra di noi, non esisteva più. Julian alterna poesie a racconti del suo lavoro con Pinter: Spaccati raccontati con tale passione e verità, che a poco a poco le immagini di loro due, insieme a lavorare sulle poesie scritte dall’autore e portate in scena dall’attore, prendono vita e credo non pochi di noi abbiano avuto la sensazione di entrare in quel mondo fatto di incontri, cene, ironia, partite di cricket – la grande passione di Pinter – che sapevano da sole risvegliare l’animo del poeta e scrittore, anche quando ormai fragile si stancava delle conversazioni durante i pranzi che la moglie, la scrittrice Antonia Fraser, organizzava con gli amici di una vita.
Spaccati di vita londinese, versi di amore senza confini di luogo o di tempo (come Paris, tra le prime scritte per la moglie e che ti sembra, quando Julian la legge, di vedere quella stanza e di sentirne la danza), che egli ha saputo evocare in molte poesie, che lascio al lettore trovare tra quelle che hanno accompagnato la sua vita, di bellezza e forza silenziosa.
Come dice lo stesso Julian, Pinter ha scritto per il teatro, ha scritto sceneggiature, ha combattuto battaglie per la libertà e l’onestà di pensiero e politica, ma sempre, prima dopo e durante, ha scritto poesie.
Julian batte le dita su una mano, dà ritmo al tempo, alla voce e parla della differenza tra una sospensione una pausa e un silenzio: la differenza tra questi tempi sta in che cosa accade nelle persone in quegli istanti.
E mentre lo spiega te lo fa respirare ed entrare nelle ossa. Il suo ‘And this is a silence’ dopo secondi e secondi di silenzio che erano più forti di qualsiasi parola, ha riempito di vibrazioni la stanza. Ascoltavamo la sua voce, che sussurrata o espressa a pieno cuore, sapeva restituire ogni sfumatura dell’animo umano, e due artisti si intrecciavano davanti a noi: Julian Sands che sapeva dare voce con la sua anima alla poesia, e Harold Pinter che aveva accolto e scritto con la parola quello che solo un grande sa cogliere e restituire.
*John Keats and Percy Bysshe Shelley
Essential Poems