Harold Pinter non scrisse mai la sceneggiatura di un film originale.
Ma come disse lui “mi è piaciuto moltissimo adattare i libri di altre persone…”
E tra le ventiquattro sceneggiature di cui si occupò ce ne fu una, di cui pochi sanno, che diede vita ad un film spesso sottovalutato ma che Harold amò molto.
Stiamo parlando de “L’amico ritrovato” la pellicola diretta dal regista statunitense Jerry Schatzberg, interpretata da Jason Robards e Christien Anholt, che uscì per la prima volta in Francia nel 1989.
Tratto dal romanzo breve dello scrittore inglese di origine tedesca Fred Uhlman, il film è il diario della vita di Henry Strauss, un settantenne ebreo neutralizzato americano che a settant’anni si reca in Germania per scoprire che cosa è successo, dopo il 1933, al suo compagno di scuola ed amico Konradin von Lohenburg. Proprio in quell’anno, infatti, Henry (il cui vero nome era Hans), era stato mandato in America dai genitori per evitare le persecuzioni dei nazisti.
Attraverso i flash back tanto cari a Pinter, il protagonista ripercorre quel profondo legame di amicizia che si incrinerà con l’avvento al potere di Hitler quando Konradin, affascinato dalle ideologie naziste, è diviso tra la volontà di mantenere l’amicizia e il desiderio di non andare contro la volontà dei genitori che gli proibiscono di frequentare Henry perché ebreo.
Il regista Jerry Schatzberg, oggi novantunenne, ha spesso ricordato quanto fu emozionante ed entusiasmante collaborare con il grande drammaturgo britannico. Nel 2006, in occasione dell’Infinity Festival di Alba, Schatzberg ha così raccontato il sodalizio con Pinter: “Alcune cose della sceneggiatura de “L’amico ritrovato” non mi convincevano molto e volevo cambiare alcuni dialoghi, ma l’idea di mettere mano al suo lavoro mi creava grandi difficoltà. Lo chiamavo ogni volta che modificavo una battuta, fino a quando esasperato dalle mie continue telefonate mi disse che si fidava totalmente di me. L’unico punto sul quale eravamo assolutamente in disaccordo era il finale del film. Dopo infinite discussioni gli proposi di scrivere e girare due finali diversi e decidere in fase di montaggio quale fosse il migliore, ma sapevo fin da subito che avrei concluso il film come volevo io. Alla prima parigina del film dovette ammettere che avevo ragione io”.