Arte, Verità e Politica. Questo è il titolo del discorso che Pinter tenne nel 2005 in occasione dell’accettazione del Premio Nobel per la Letteratura.
Lui non era a Stoccolma. Provato dalla malattia non poté lasciare Londra ma inviò un video registrato negli studi di Channel 4.
Nelle parole di quell’intervento c’è la sintesi della vita di Harold.
C’è il Pinter autore, con il racconto, il significato delle sue opere e con la genesi creativa dei suoi personaggi. C’è il suo teatro, inteso come ricerca – spesso elusiva – della verità.
Poi c’è il Pinter uomo, con quella sua capacità di sentirsi ed essere cittadino prima ancora che scrittore.
E così, in quel famoso discorso, Harold apre anche una finestra sul mondo. Quello reale, dove “… la ricerca della verità non deve mai fermarsi. Non può essere rinviata, non può essere rimandata. Bisogna affrontarla lì, subito”. Il riferimento è alla guerra anglo-americana in Iraq e l’attacco di Pinter è alla maggior parte degli uomini politici, interessati al mantenimento del potere e non alla ricerca della verità.
Si sa, Harold è stato sempre uomo di impegno, civile e politico. Sempre dalla parte degli oppressi e strenue difensore dei diritti umani. A partire dagli Anni ’70, quando rimane colpito dall’uccisione di Allende ad opera dei golpisti del generale Pinochet. E da allora, mentre scrive i suoi capolavori, si pronuncia sulle colonne di qualche giornale o dagli schermi televisivi – ma solo di rado, e a notte fonda, quando c’è meno pubblico ad ascoltare, si lamentava – contro l’assassinio di Monsignor Romero in Salvador e la tirannia a Timor Est, contro l’apartheid in Sudafrica e i bombardamenti nella ex Jugoslavia, contro la guerra in Nicaragua e l’invasione dell’Afghanistan…
Le sue battaglie lo avvicinano anche al grande Arthur Miller con il quale, nel 1985, parte per una missione in Turchia e dove, in un discorso all’ambasciata americana, denuncia davanti ai presenti l’oppressione di Ankara nei confronti dell’opposizione curda e urla il suo sconcerto per le torture che aveva visto perpetrare nei confronti di quel popolo. La cosa per nulla piacque, tanto che Harold fu letteralmente cacciato dall’ambasciata, seguito dal suo amico Arthur cui la serata era dedicata!
Sempre al fianco di associazioni umanitarie come Amnesty International, il suo impegno sociale si concretizza nel 1986 con la fondazione di un gruppo, d’ispirazione antithatcheriana, denominato “20 Giugno” cui aderisce anche Salman Rushdie per il quale Pinter si batte, successivamente, per l‘annullamento della fatwa di Khomeyni – emessa dopo la pubblicazione de i “Versi Satanici” – che decretò la condanna a morte dello scrittore costringendolo alla clandestinità.
Nessuna retorica nelle sue difese dei più deboli, nelle sue denunce delle ingiustizie, nelle sue invettive contro ogni prevaricazione del potere, nelle sue critiche ai politici. Harold si è sempre pronunciato in maniera diretta, sobria e secca. Spesso anche ironica e provocatoria. Come quando, all’Università di Torino in occasione del conferimento della laurea honoris causa, esordì: “chi non è con noi è contro di noi” ha detto il presidente Bush. E ha anche detto: “non permetteremo che le peggiori armi rimangano nelle mani dei peggiori capi di stato del mondo.” Giusto! Guardati allo specchio, bello. Quello sei tu.”
Sempre alla ricerca della verità, Harold.
In teatro come nella vita reale. Perché la posta in gioco è alta: “Io credo che nonostante gli enormi ostacoli che esistono, la risoluta, costante, tenace determinazione intellettuale di definire, come cittadini, la reale verità delle nostre vite e delle nostre società è un compito decisivo che incombe su noi tutti. Esso infatti è vincolante. Se una tale determinazione non si incarna nella nostra visione politica, non avremo nessuna speranza di ripristinare ciò che per noi è così prossimo ad essere perduto: la dignità dell’uomo”.
Queste le ultime parole di quel discorso. Quasi un testamento. Senza dubbio un monito. Per tutti noi, comunque la si pensi.