Come vengono alla luce le opere di Pinter? Come nasce “Old Times – Vecchi Tempi”? Come prendono vita i protagonisti Deeley, Kate e Anna?
Questa volta mi taccio e lascio la parola ad Harold che nel 2005, nel suo discorso per l’accettazione del Nobel, spiegò come da un aggettivo e tre lettere…
“Spesso mi è stato chiesto come nascono le mie opere teatrali. Non lo so spiegare. Non so neppure riassumere le mie opere, salvo che per dire che cosa è accaduto. Che cosa è stato detto. Che cosa è stato fatto. La maggior parte delle opere sono generate da una battuta, una parola o un’immagine. Spesso la parola data è seguita poco dopo dall’immagine. Farò l’esempio di due battute che mi vennero alla mente inattese, seguite da un’immagine, seguita da me.
I drammi sono Il ritorno a casa e Vecchi tempi.
La prima battuta de Il ritorno a casa è: cosa ne hai fatto delle forbici?
La prima battuta di Vecchi tempi è: scura.
In entrambi i casi non avevo ulteriori informazioni.
Nel primo caso qualcuno ovviamente stava cercando un paio di forbici e ne chiedeva conto a qualcuno lì vicino che sospettava di averle rubate. Ma in qualche modo io sapevo che alla persona a cui si rivolgeva non importava nulla delle forbici né, a tale riguardo, di chi la interrogava.
Scura lo intesi come descrizione dei capelli di qualcuno, i capelli di una donna, ed era la risposta a una domanda. In entrambi i casi mi trovai costretto a seguire l’argomento. Ciò si verificò visivamente, una dissolvenza molto lenta, attraverso l’ombra nella luce.
Comincio sempre un testo teatrale chiamando i caratteri A, B e C.
Nel testo che diventò Il ritorno a casa io vidi un uomo entrare in una stanza spoglia e fare una domanda a un uomo più giovane seduto su un brutto divano a leggere un giornale di corse. In qualche modo sospettavo che A fosse il padre e B fosse il figlio, ma non ne avevo nessuna prova. Ciò fu peraltro confermato poco tempo dopo, quando B (che in seguito sarebbe diventato Lenny) dice ad A (che sarebbe diventato Max): ‘papà, ti dispiace se cambio argomento? Voglio chiederti una cosa. Il pranzo di prima, che nome aveva? Come lo chiami? Perché non compri un cane? Tu sei un cuoco per cani. Sul serio. Tu pensi di cucinare per un sacco di cani’. Così il fatto che B chiamasse A papà mi rese verosimile che essi fossero padre e figlio. A inoltre era chiaramente il cuoco e la sua cucina non sembrava tenuta in grande considerazione. Tutto ciò significava che non c’era una madre? Non lo sapevo. Ma, come mi dissi all’epoca, i nostri inizi non conoscono mai le nostre fini.
Scura. Una grande finestra. Il cielo di sera. Un uomo, A (che sarebbe diventato Deeley), e una donna, B (che sarebbe diventata Kate), seduti con in mano un drink. ‘Grassa o magra?’ chiede l’uomo. Di chi stanno parlando? Ma allora io vedo, in piedi alla finestra, una donna, C (che sarebbe diventata Anna), in un’altra posizione di luce, le spalle voltate, i capelli scuri.
È uno strano momento, il momento della creazione di personaggi che fino a quel momento non avevano alcuna esistenza. Ciò che segue è irregolare, incerto, perfino allucinatorio, sebbene a volte possa essere una valanga inarrestabile. La posizione dell’autore è singolare. In un certo senso non è gradito ai personaggi. I personaggi gli fanno resistenza, non è facile vivere con loro, sono impossibili da definire. A loro di certo non ci si può imporre. In una certa misura si gioca con loro un gioco che non ha fine, gatto e topo, mosca cieca, nascondino. Ma alla fine ci si trova tra le mani persone di carne e sangue, persone con una propria volontà e sensibilità individuale, assemblate con dei componenti che non si possono cambiare, manipolare o distorcere.”
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